Votemos
2025
di Miriam Dimase
- Regia: Santiago Roquejo, Pepe Carrasco, Clara Lago, Cheristian Checa, Neus Sanz, Charo Reina, Tito Valverde, Gonzalo de Castro
- Attori: Raúl Fernández,
- Genere: Commedia
- Paese: Spagna
- Durata: 88′
- Al cinema dal 11 settembre 2025
In un condominio di Madrid, una riunione tra vicini procede senza scossoni finché Alberto (Raúl Fernández) annuncia l’arrivo di un nuovo affittuario: Joaquín, un collega affetto da disturbi mentali inserito in un programma di reinserimento. La notizia scatena paure, diffidenze e conflitti, facendo emergere tensioni latenti e rivelando segreti personali.
Al suo terzo lungometraggio sbarca in Italia il nuovo film di Santiago Roquejo, che mette subito in campo temi tutt’altro che leggeri: intolleranza, pregiudizi e confessioni inaspettate. Quello che inizia come una normale riunione di condominio, con l’ascensore come unico punto all’ordine del giorno, si trasforma presto in un vero e proprio campo di battaglia verbale. Il nuovo inquilino annunciato da Alberto diventa il detonatore di paure, rancori e ipocrisie che covavano sotto la superficie, mostrando quanto la convivenza civile e persino la democrazia condominiale poggino su fondamenta fragili, soprattutto quando si toccano interessi personali.
Lo stile del regista non sorprende per originalità: la vicenda si svolge interamente in un appartamento, scelta che rende l’opera più teatrale che cinematografica. L’atmosfera è cupa, le luci spesso scarse o improvvisamente spente, e gli ambienti volutamente spogli e poco curati. Una scelta precisa, forse per sottolineare la spigolosità dei rapporti e il senso di chiusura, quasi claustrofobico, che incombe sui personaggi.
Certo, di film simili se ne sono già visti, e non mancano i rimandi a modelli noti del cinema da camera. Tuttavia, Roquejo riesce a mantenere viva l’attenzione dello spettatore grazie al ritmo serrato dei dialoghi e al crescendo emotivo che accompagna lo scontro tra i condomini. Alla fine ci si ritrova coinvolti, trascinati fino all’ultimo a voler sapere quale sarà la decisione dell’assemblea, ma anche – e forse soprattutto – a interrogarsi su quanto ciascuno di noi sia disposto ad accogliere davvero “l’altro” quando si affaccia alla porta di casa.


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