Nobody Leaves Alive

  • Regia: Andreè Ristum 
  • Attori: Fernanda Marques, Andreia Horta, Rejane Faria
  • Genere: Drammatico, Thriller
  • Paese: Brasile
  • Durata: 87′

Elisa (Fernanda Marques)  è una giovane donna in stato di gravidanza che viene internata in un manicomio contro la sua volontà: la decisione di farla ricoverare viene presa da suo padre, che considera il suo stato come una vergogna e decide di mandarla in una struttura psichiatrica, trattandola come se fosse “matta” semplicemente per il fatto di essere incinta.

Questa decisione, ispirata da un contesto socialmente opprimente, riflette una visione autoritaria e patriarcale che non lascia spazio all’autodeterminazione.

Elisa si trova rinchiusa quindi in un manicomio dove la situazione peggiora rapidamente. La struttura psichiatrica è descritta come un luogo oscuro e oppressivo, dove non sembra esserci via di fuga fisicamente e psicologicamente: dovrà quindi affrontare non solo la crudeltà e l’isolamento, ma anche l’angoscia legata alla sua gravidanza.

Sebbene la trama e i personaggi siano di finzione, il film si ispira a una serie di eventi storici reali: in molti paesi, incluso il Brasile e altri stati sotto regimi autoritari, durante il 20° secolo, tutte le persone che non si conformavano agli ideali sociali tradizionali venivano considerati “ deviati” e quindi internati. Le istituzioni psichiatriche dell’epoca spesso usavano trattamenti disumanizzanti e pratiche brutali come l’isolamento o l’elettroshock.

L’ospedale stesso diventa quasi un personaggio nel film, con la sua natura fredda e inumana, la cui atmosfera viene resa ancora più claustrofobia e inquietante grazie alla scelta dell’utilizzo del bianco e nero. L’uso dei toni grigi e delle ombre accentua la sensazione di isolamento e distacco dalla realtà; il bianco e il nero simboleggiano la lotta tra bene e male, sanità mentale e follia, normalità e devianza. La mancanza di sfumature di colore porta quindi a riflettere sulla rigidità della mentalità degli aguzzini, rievocando eventi storici come l’Olocausto e la deportazione. 

Talvolta, le vicende e i personaggi risultano forzati, ruoli che possono risultare a volte unidimensionali e privi di sfumature, mancando di quella profondità che li renderebbe più credibili e complessi. Questa potrebbe essere una scelta dipendente dalla volontà di utilizzare figure più schematiche per evidenziare le tematiche sociali e psicologiche.

Presentato in concorso al 6° LongTake Film Festival.

Classificazione: 3 su 5.

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