Luz

  • Regia: Flora Lau
  • Attori: Isabelle Huppert, Sandrine Pinna, Xiaodong Guo, Enxi Deng, Lu Huang
  • Genere: Drammatico
  • Paese: Cina, Francia, HongKong
  • Durata: 102′

Wei (Xiaodong Guo), ex detenuto per truffa, vaga tra le strade al neon di Chongqing, tentando di riannodare un legame quasi fantasma con la figlia Fa (Enxi Deng), cresciuta lontano da lui e dalla sua colpa. A migliaia di chilometri, a Parigi, la gallerista Ren (Sandrine Pinna), originaria di Hong Kong, si occupa della matrigna Sabine (Isabelle Huppert), consumata dalla malattia, mentre un senso di smarrimento e di sradicamento culturale la isola dal resto del mondo.

Per entrambi, la via di fuga diventa Luz, universo di realtà virtuale strutturato come un videogioco: l’obiettivo è catturare un cervo mistico, creatura che promette pace e armonia a chi riesce a raggiungerla. L’impatto visivo si annuncia già nei titoli di testa, che assumono la forma di un’interfaccia ludica, fluorescente e seducente, dove menu e comandi sostituiscono i crediti tradizionali.

La regia costruisce un gioco di specchi tra il mondo reale, greve di debiti emotivi e malattie, e quello digitale, in cui dolore e desiderio trovano una versione filtrata, quasi ideale. Il barista che richiama l’eco inquietante di Shining e il quadro di cui nessuno conosce l’originale diventano metafore della copia, dell’impossibilità di afferrare un “vero” definitivo, sia esso un ricordo, un affetto o un’identità.

Luz si configura come spazio di sospensione: un sogno vigile in cui i personaggi cercano contatto mentre scivolano sempre più lontano dalla concretezza del quotidiano. Colori saturi, luci pulsanti e colonna sonora avvolgente creano un’attrazione quasi ipnotica, e man mano la distinzione tra mondo fisico e mondo virtuale si assottiglia fino quasi a dissolversi. Proprio in questo scioglimento, però, il film sembra fermarsi: la sofisticata costruzione estetica e ludica non trova un corrispettivo altrettanto forte sul piano concettuale, lasciando la sensazione di un’esperienza emotivamente evocativa ma che in fondo non va oltre quello che mostra in superficie.”.

Presentato in concorso al 7° LongTake Film Festival 2025

Classificazione: 3 su 5.

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