2025
di Miriam Dimase
- Regia: Ildikó Enyedi
- Attori: Tony Leung Chiu-wai, Luna Wedler, Enzo Brumm, Sylvester Groth, Martin Wuttke, Johannes Hegemann, Rainer Bock, Léa Seydoux
- Genere: Drammatico
- Paese: Germania, Francia, Ungheria
- Durata: 145′
Nel cuore di un giardino botanico in una città universitaria medievale in Germania si erge un maestoso ginkgo biloba. Questo testimone silenzioso osserva per oltre un secolo i tranquilli ritmi di trasformazione attraverso tre vite umane.
Ildikó Enyedi, già premiata con l’Orso d’Oro a Berlino per Corpo e Anima, torna con un’opera che conferma la sua sensibilità poetica e visionaria. In Silent Friend sceglie di raccontare il tempo e le sue mutazioni attraverso lo sguardo silenzioso di un Ginkgo biloba. L’albero diventa una sorta di soggettiva naturale, un occhio che osserva con consapevolezza le variazioni di epoche, persone e tecnologie, come se fosse una macchina da presa vivente.
Nel primo segmento, ambientato agli inizi del Novecento, la protagonista usa la fotografia per scrutare il mondo vegetale. Lo strumento tecnico si fa rivelazione: ciò che l’occhio nudo non percepisce emerge attraverso l’immagine, e la natura rivela i propri segreti a chi sa soffermarsi.
Il secondo quadro, collocato negli anni Settanta, introduce la tecnologia in forma più quotidiana. L’automazione di un cancello diventa simbolo dell’intervento umano nello spazio naturale: un gesto apparentemente banale che però segna la volontà di delimitare, regolare, imbrigliare. L’albero osserva, immobile, il contrasto tra libertà organica e controllo meccanico.
Nel terzo tempo, ambientato nel presente digitale, la tecnologia non agisce più solo sul mondo esterno, ma penetra direttamente nella coscienza. La percezione si fonde con i dati, e la distanza tra uomo e macchina sembra ridursi fino a diventare ambigua. Il Ginkgo, ancora lì, assiste come testimone silenzioso alla fragilità dell’esperimento umano.
Grazie anche alla presenza intensa di Tony Leung, il film assume i tratti di una meditazione sul rapporto tra natura e progresso, tra memoria e mutamento, nonostante la cura estrema per il dettaglio trasforma a volte la narrazione in un documentario naturalistico.


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