2025
di Miriam Dimase
- Regia: Valérie Donzelli
- Attori: Bastien Bouillon, André Marcon, Virginie Ledoyen
- Genere: Drammatico
- Paese: Francia
- Durata: 92′
Un fotografo di successo rinuncia a tutto per dedicarsi alla scrittura, e scopre la povertà.
“A pied d’œuvre” di Valérie Donzelli si presenta come un film coraggioso e fragile allo stesso tempo, un’opera che mette a nudo la tensione tra vocazione artistica e sopravvivenza quotidiana. La regista costruisce il ritratto di uno scrittore che, rinunciando alla sicurezza di un lavoro ben retribuito, sceglie la precarietà pur di restare fedele a sé stesso. L’elemento centrale non è tanto la scrittura in sé, quanto il prezzo esistenziale della libertà: lavoretti alienanti, la fatica fisica, il continuo senso di inadeguatezza di fronte a una società che misura il valore in termini di produttività economica.
Il film trova i suoi punti di forza in una regia che alterna toni realistici a lampi lirici, capace di rendere tangibile la polvere dei cantieri, il sudore, la stanchezza, ma anche la leggerezza di un gesto creativo improvviso. Donzelli gioca bene con i contrasti: il corpo piegato dalla fatica contro la mente che cerca di librarsi nella scrittura.
Tuttavia si può notare una certa insistenza didascalica: alcune sequenze ribadiscono ciò che lo spettatore ha già compreso, appesantendo il ritmo narrativo. A tratti il film sembra voler dimostrare, più che mostrare, la nobiltà del sacrificio artistico, rischiando una retorica che indebolisce l’impatto emotivo.
In definitiva, “A pied d’œuvre” è un’opera che respira autenticità, anche nei suoi sbilanciamenti. Donzelli non firma un film perfetto, ma che prende posizione sporcandosi le mani — proprio come il suo protagonista.


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