2025
di Miriam Dimase
- Regia: Yorgos Lanthimos
- Attori: Emma Stone, Jesse Plemons, Aidan Delbis, Stavros Halkias, Alicia Silverstone
- Genere: Commedia, Fantascienza
- Paese: Regno Unito
- Durata: 118’
- Al cinema dal 23 ottobre 2025
Due giovani con l’ossessione dei complotti rapiscono la potente amministratrice delegata (Emma Stone) di una grande azienda, convinti che sia un’aliena intenzionata a distruggere il pianeta Terra.
Il titolo “Bugonia” rimanda subito alle Georgiche di Virgilio, dove dal corpo in decomposizione di un animale nasce uno sciame di api. È un’immagine forte, che racchiude il senso del film: dalla fine può germogliare qualcosa di nuovo, anche se non sempre rassicurante. Lanthimos gioca su questo simbolo antico per raccontare un mondo contemporaneo che vive sospeso tra rovina e rinascita.
Il film porta sullo schermo un miscuglio di complotti, paure e fantasie che hanno radici profonde nella nostra epoca. È qui che si intrecciano distopia e attualità: il sospetto verso il potere, la diffidenza nei confronti delle élite, la sensazione che la natura stia presentando il conto. Tutto questo viene trattato non come un semplice esercizio di fantascienza, ma come un gioco inquieto che sfiora il grottesco e, allo stesso tempo diverte.
Remake in lingua inglese del film sudcoreano “Save the Green Planet!”, il nuovo lavoro di Lanthimos non si limita al compitino. Rilegge il materiale con il suo umorismo nero, incastrando la paranoia dentro un meccanismo di farsa, dove verità e delirio si specchiano. Le teorie complottistiche diventano una camera di risonanza: eco di ansie ecologiche, fantasie apocalittiche, bisogno di un colpevole a cui attribuire il disordine del presente.
Emma Stone, compagna di viaggio abituale, contribuisce a definire un tono elastico, capace di passare dal glaciale al buffo senza sforzo. Ma ciò che rende il film davvero spiazzante è il tentativo, non sempre lineare, di mettere in scena la collisione tra le teorie più estreme e la concretezza del reale. È proprio in questa frizione che il film trova la sua forza e insieme il suo limite: perché dare corpo visivo all’irrazionale significa inevitabilmente rischiare di trasformarlo in spettacolo. Lanthimos accetta questo rischio, consapevole che il cinema non può spiegare il complotto, ma può mostrarne la seduzione e la fragilità.


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