Una storia quasi classica
2024
di Miriam Dimase
- Regia: Jonas Trueba
- Attori: Itsaso Arana, Vito Sanz, Fernando Trueba, Andrés Gertrùdix, Francesco Carril
- Genere: Commedia, Drammatico
- Paese: Spagna
- Durata: 114′
- al cinema dal 12 giugno 2025
Una linea sottile separa la realtà dalla finzione. O forse no.
Dopo quindici anni insieme, Ale e Alex decidono di lasciarsi e organizzano una festa per celebrare la loro separazione. Mentre coinvolgono amici e familiari, il confine tra addio e complicità si fa incerto — anche perché, nel frattempo, stanno girando un film che racconta esattamente la stessa storia.
Con un gioco raffinato tra cinema e vita, tra ciò che si mostra e ciò che resta fuori campo, Jonás Trueba, con la sua regia misurata e intensamente simbolica, costruisce un’opera che più che raccontare una storia, indaga le modalità con cui le storie vengono vissute, raccontate e poi ricordate.
Uno degli aspetti più incisivi del film è la costruzione visiva: molte inquadrature dividono lo spazio in sezioni nette, separando i due protagonisti anche quando condividono lo stesso ambiente. È una scelta stilistica che parla da sé: Ale e Alex, nonostante la condivisione di un passato lungo, sembrano già vivere su piani diversi. L’immagine li frattura prima ancora che lo faccia la trama. La composizione scenica diventa così riflesso di una distanza interiore che precede la rottura.
Il confine tra realtà e finzione si assottiglia fino a scomparire, e lo spettatore è continuamente stimolato a chiedersi quanto di ciò che vede sia vero, quanto sia recitato e quanto invece ancora non del tutto compreso nemmeno dai personaggi stessi. L’uso di attori che interpretano versioni quasi documentarie di sé stessi alimenta questo spaesamento. Il film si guarda mentre si interroga: è ancora racconto o è vita trascritta?
I riferimenti filosofici alla ripetizione sono sottili ma evidenti: nella festa, nei gesti che si rincorrono, nei dialoghi che sembrano ciclici. Ed è proprio in questa ripetizione che il film rischia di risultare, paradossalmente, meno originale: il senso del “già visto” si sovrappone all’intento teorico.
La ripetizione diventa il suo limite: invece di rinnovare, il film sembra ripercorrere strade già battute, lasciando più l’eco di qualcosa di già visto che il segno di un’autentica novità.


Lascia un commento