La mente che cancella
1977
di Miriam Dimase
- Regia: David Lynch
- Attori: Jack Nance, Charlotte Stewart, Allen Joseph, Jeanne Bates, Judith Roberts, Laurel Near, V. Phipps-Wilson, Jack Fisk, Jean Lange, Jennifer Lynch
- Genere: Horror, Fantasy
- Paese: Usa
- Durata: 89′
Henry Spencer (Jack Nance) vive isolato in un appartamento fatiscente. Un giorno scopre di essere diventato padre di una creatura mostruosa, un neonato deforme e piangente, che trasforma la sua quotidianità in una spirale allucinata fatta di angoscia, sogni disturbanti e presenze enigmatiche.
In una città dove anche l’aria sembra arrugginita, Eraserhead si apre come un condotto industriale che non porta da nessuna parte. Henry Spencer, con i suoi capelli elettrostatici e gli occhi di uomo appena nato, si muove in un mondo che respira a fatica, dove il tempo non scorre ma ristagna. Più che una storia, il film è un sintomo. E la sua vera anima, il suo tessuto nervoso, è il suono.
Il suono è il vero protagonista. Non accompagna: invade. Lynch non lo usa per sottolineare emozioni, ma per crearle da zero. Trasforma il rumore in carne, il ronzio in pelle. Ogni frequenza sembra provenire da un organo che nessuno possiede ancora. È un film-timpano, in cui la tensione si costruisce non attraverso l’azione ma tramite una costellazione di ronzii, sibili, vibrazioni che si insinuano sotto la pelle dello spettatore. La città non si vede: si ascolta. L’ansia non si racconta: pulsa in sottofondo, senza pause, senza tregua.
Il pianto del figlio-deforme è una linea melodica impossibile da ignorare, un’eco costante che non solo esaspera Henry ma avvelena lo spettatore, come una colonna sonora fatta di dolore puro. Il suono in Eraserhead è memoria prenatale, incubo ambientale, linguaggio non ancora evoluto. È il rumore del mondo prima della nascita, o forse dopo la fine.
Solo in questo paesaggio sonoro disturbato si possono inserire, in filigrana, i temi esistenziali: l’angoscia della paternità, l’alienazione industriale, l’assurdo di esistere. Ma sono secondari, quasi dispersi nel ronzio eterno che tutto copre, tutto confonde. In Eraserhead, Lynch non ci racconta una storia: ci infila dentro un orecchio e ci lascia lì, ad ascoltare il cuore muto del terrore.


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