2005
di Miriam Dimase
- Regia: David Cronenberg
- Attori: Viggo Mortensen, Ed Harris, Maria Bello, William Hurt
- Genere: Drammatico
- Paese: Usa
- Durata: 96′
La vita ordinaria di Tom Stall (Viggo Mortensen), un tranquillo proprietario di una tavola calda che vive in una piccola cittadina americana con la sua famiglia, viene stravolta quando durante una rapina reagisce con una violenza istintiva ed estrema, rivelando un passato che aveva cercato di lasciarsi alle spalle. Da questo momento, il film assume una struttura quasi duplice, riflettendo la stessa ambivalenza del protagonista: da un lato il pacifico uomo di famiglia, dall’altro un individuo che sembra avere la violenza scritta nel corpo e nella mente, anche se ha cercato di soffocarla.
Cronenberg costruisce la tensione giocando sulla percezione e sulla progressiva erosione della facciata di normalità. Se nella prima parte il film si muove con una calma apparente, nella seconda tutto diventa più teso e inevitabile, come se la violenza, una volta risvegliata, non potesse più essere contenuta.
Ma la vera domanda che il film pone non è solo se la violenza sia innata, bensì se sia mai davvero possibile lasciarla alle spalle. Tom Stall cerca di reinventarsi, di aderire a un modello di uomo pacifico e integrato, ma il suo stesso corpo racconta un’altra storia: nei gesti misurati, nello sguardo sfuggente e nella postura rigida si avverte la tensione di un uomo che, per quanto cerchi di sottrarsi alla sua natura, finisce per esserne inevitabilmente risucchiato; in questa prospettiva, la violenza non è solo un tema individuale ma anche sociale.
La cittadina in cui Tom vive incarna l’illusione del sogno americano, un luogo in cui la sicurezza è un valore fondante e in cui la brutalità sembra qualcosa di esterno, che viene dall’altro, dal criminale, dallo straniero. Eppure, quando il passato di Tom si manifesta, questa tranquillità si rivela fragile: non è la violenza a irrompere nella sua vita, ma piuttosto il velo di ipocrisia che si spezza, mostrando come il mito della pace e della sicurezza sia costruito su fondamenta instabili: la violenza non è un’anomalia, ma una parte costitutiva della società stessa, un elemento che possiamo provare a nascondere, ma che non scompare mai del tutto.
Questa riflessione si estende anche alle relazioni intime, perché la violenza, una volta emersa, non resta confinata al passato, ma si insinua nel presente, trasformando il modo in cui Tom viene visto dalla moglie (Maria Bello) e dal figlio. Il loro equilibrio familiare è sconvolto non solo dalla scoperta di un passato nascosto, ma dall’idea che quell’uomo così amato sia in realtà qualcosa di diverso, qualcosa che non possono più ignorare: il protagonista non è né un eroe né un mostro, ma un uomo intrappolato tra ciò che vorrebbe essere e ciò che, forse, è sempre stato. Viggo Mortensen incarna questa dualità con una performance magistrale, alternando momenti di apparente fragilità ad altri in cui il suo corpo diventa un’arma letale. E proprio il corpo è centrale nel cinema di Cronenberg: se nei suoi film precedenti la trasformazione era spesso fisica e grottesca, qui il cambiamento è più sottile, ma non meno inquietante. Il corpo di Tom è il terreno su cui si combatte la sua battaglia interiore, il luogo in cui la violenza si annida, pronta a riemergere.
A History of Violence non è solo un thriller sulla doppia identità, ma un’opera che interroga sulla natura stessa dell’essere umano: possiamo seppellire il passato, reinventarci e costruire nuove vite, ma prima o poi la nostra vera natura trova sempre il modo di tornare a galla.


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